Il rito dell’Uomo Cervo, o meglio de “Gl’Cierv”, si ripete l’ultima domenica di carnevale, da un tempo immemorabile, a Castelnuovo al Volturno. Dopo il tramonto, l’unica piazza del paese che ha come cornice i monti Marrone e Castelnuovo, appartenenti alla catena delle Mainarde, diventa il pittoresco palcoscenico di una pantomima che coinvolge molti abitanti, sia come protagonisti sia come figuranti.

Il rito de “Gl’Cierv” ha sicuramente due significati reconditi:

1. Parafrasi del significato primordiale del carnevale, l’antichissimo mito dionisiaco, nel quale il passaggio delle stagioni viene simboleggiato in maniera cruenta, dove, per la rinascita della natura, risulta indispensabile una morte sacrificale.

2. La figurazione di tutto quello che da sempre sconvolge l’animo umano: le radicate paure per l’irragionevole, l’incomprensibile, la violenza selvaggia della natura che sovrasta e, a volte, travolge.

L’origine di questo carnevale, nonostante ogni possibile supposizione, resta oscura. Solo sulla genesi dei personaggi si avanza una qualche ipotesi, Tra essi, sono senz’altro il Cervo, il Martino e il Cacciatore i protagonisti del rito, nonostante la presenza della Cerva, evidentemente assimilabile al suo alter ego maschio, e delle comparse che completano la schiera degli interpreti della pantomima.
da www.uomocervo.org

I PERSONAGGI

Il Cervo

E’ il personaggio-chiave della rappresentazione di Castelnuovo. Coperto di pelli di capra, con volto e mani dipinte di nero, la testa con copricapo di pelle nera, vistose corna di cervo  e campanacci legati intorno al corpo, scende fra la gente del paese con tutta la sua forza distruttrice di “animale feroce”. La sua presenza scenica è notevole, i suoi bramiti, lo scampanio, il suo folle dimenarsi e rotolarsi accrescono la valenza malefica della maschera.

La Cerva

E’ la compagna del Cervo che lo segue nel suo destino di animale selvaggio il quale, da furioso e libero, viene catturato ed esposto allo scherno delle popolane, che lo invitano a mangiare polenta e salsicce per poi offrirgli solo erbaccia. La Cerva segue lo stesso destino di morte della bestia feroce e verrà anch’essa resuscitata dal soffio vitale del cacciatore.

Martino

E’ un Pulcinella molisano: bianco il suo vestito con corta mantellina e alto copricapo a forma di cono con nastri colorati sulla punta. Ai piedi Martino indossa le cioce, le caratteristiche calzature dei contadini chiamate zampitt’, il suo volto è truccato, soprattutto le guance tinte di rosso, in mano porta un bastone e una fune. Martino è il personaggio simbolo che si contrappone alla furia malefica del Cervo e che con fune e bastone riesce, dopo una lotta faticosa, a catturarlo insieme alla sua compagna.

Il Maone

Personaggio di pure valore coreografico che accentua l’atmosfera magica della scena è il Maone, malefico personaggio delle tenebre ricoperto di pelli di capra, maschera e lunghe chiome che ondeggiano al suo scuotersi ritmato, in mano un bastone, nell’annunciare e guidare la  macabra danza delle janare.

Le popolane

Vivace presenza scenica è quella degli abitanti della piccola comunità minacciata dalla furia del Cervo. Le popolane, in particolare, vestite nel costume nel costume tradizionale, attendono spensierate alle normali attività quotidiane, allorché il Cervo caracolla all’improvviso della montagna, irrompe nella piazza laboriosa e semina distruzione dappertutto. Una volta catturato e tenuto ai lacci da Martino, una pacchiana gli si avvicina schernendolo ed offrendogli del cibo, che la bestia – più che mai rabbiosa per la temporanea prigionia – rifiuta con ripugnanza.

Il Cacciatore

E’ il personaggio dal duplice potere: può togliere la vita e restituirla. Il Cacciatore arricchisce ulteriormente la pantomima  che si avvia alla conclusione proprio con l’arrivo di questo personaggio che, imbracciato il suo fucile, uccide il Cervo e la Cerva in una necessaria, conclusiva esecuzione. Ma soffiando nelle loro orecchie un alito benefico, ecco che il Cacciatore ridona la vita alle due bestie. “Il suo soffio” è l’elemento  magico con valenza soprannaturale che porta nuova e purificata vita.

Le Janare

Altro inquietante elemento coreografico della pantomima è rappresentato dalle streghe, le Janarer della tradizione castelnovese. Orribili, nere nelle vesti e terrificanti nelle maschere, lunghi capelli che assecondano la danza cadenzata da strani strumenti, il loro ingresso è annunciato dal Maone e segnato da una corsa disordinata ed urlante nel centro della scena, ove intorno ad un falò eseguono il loro malefico rito. L’assenza di luci e il suono delle percussioni a rendere ancora più cupa l’atmosfera.

Gli Zampognari

Figura connotativi di Castelnuovo, che vanta una notevole tradizione di suonatori di zampogna, è lo Zampognaro. Sono proprio questi personaggi, con il dolce e penetrante suono dei loro aerofoni a precedere l’arrivo dell’animale e ad accompagnare con la loro presenza lo svolgimento della pantomima.

(Fonte: GL’ CIERV Folklore e Mistero di un antichissimo rito – pubblicazione a cura dell’Associazione Culturale “Il Cervo”)